martedì 18 dicembre 2007

Uè, Beautiful!

Picciò, state a sentire ca chissa è cu dolby. Siccome questa è la società du spettacolo, un film voglio girare. Picciò, io, a Scianatigrad, soltanto il fine settimana ci torno, vale a dire il venerdì notte, in da cabbina di seconda classe. Ottocentocinquanta chilometri Milano Scianatigrad cu na compagnia di fetusi, lavoratori in nero, schiavi dimenticati dalla politica, cornuti e figghie e bottana, ca vui fighettini non vi potete immaginare. Picciò, Tonino vostro l’intonachista faceva. Intonaci a calce, a calce e cemento, ca pozzolana, cu coccio pesto, cu latte e l’albume. In tutti i modi li so fare. Iperspecializzato sono. Picciò, io col frattazzo ci lavoro 8 ore al giorno più gli straordinari non pagati, che fanno in totale 9 ore al giorno. A forza di tirare l’intonaco, mi diventò il braccio asimmetrico, per non parlare da minchia, che, se ne avevo due, chissà come andava a finire. Scusate, picciò, ma pe’ mia la vita è dura. Che devo mantenere a famigghia e la Coop non m’aiuta. Picciò, ma io non chiedo i miracoli. Il posto alla Coop non lo voglio. Ca a mia mi fa onta. Picciò, io sono un uomo e come un uomo voglio campare. Ci ho la mia dignità, il mio onore, la mia forza e ca mia forza a famigghia ci voglio mantenere. Picciò, io non chiedo atti rivoluzionari, ca a mia i fighettini cu ciuffettino, cu giacchettino di velluto un poco consumato, cu scarpettino trendy e u tesserino rosso della Coop nu m’arrapano pe’ niente. Picciò, io vulissi solamente ca chissa società italiana funzionasse nu poco megghiu, chiù megghiu assai vulissi. Picciò, io voglio il mio diritto al lavoro, il mio diritto a un’aria pulita, a una società più giusta e senza privilegi per nessuno. Io voglio correre, io voglio sentire la terra, u profumo da terra fresca inda ste mani. Picciò, io rivendico il mio diritto a lottare, il mio diritto alla vita. Sissignore, ca mia questo diritto negato mi fu. Che la Coop ci promise i cantieri e in cinque anni Tonino sempre a Milano andò. Picciò, altri cinque anni in seconda classe, cu na compagnia di fetusi che non vi posso raccontare, e u restu u sapite. Picciò, chissa a vita mia è, chissa nunn’è u reality. Chissa è l’altra Italia. Chissa i consiglieri comunali di Scianatigrad, chiddi dell’Ipercoop e u nostro presidente che ci promise i cantieri a Scianatigrad nun se la sognano neanche; che è megghiu pe’ loro. Ca a fare sta vita, chiddi non ci pensano nemmeno. Anzi, non ne vogliono proprio parlare. Picciò, ieri sera, mentre io tornavo a casa, ca mia vettura di seconda classe, ca mia compagnia di fetusi, lavoratori in nero e fegghie e bottana, chidd’altri se ne irono al party, a festeggiare il mese e mezzo del nuovo Piddì e dei suoi segretari. Che fecero il matrimonio: quelli della Coop e chidd’altri del supermercato Conad; e a mia l’invito non me lo mandarono, ché ci stavano soltanto i fighettini e i personaggi importanti di chissa società du spettacolo: 5000 invitati e la lista nozze alla gioielleria Motta.
Picciò, io a raccontarla quasi quasi mi vergogno, che quando mi sposai cu Cammella non ci avevamo i soldi per invitare i testimoni. In chiesa ci stavamo soltanto noi, il parroco, don Masino, San Carmelo e Santa Caterina. Per fortuna che stavano a fianco all’altare e le loro santità testimoniarono per noi: due statue di gisso, picciò! Ma chissà è n’altra storia. Chissa la vita vera è! Al patty, l’altra sera, ci stava la società irreale. Tutti attori erano, ca facirino le prove du film per la prossima campagna elettorale, quando ci manderanno l’invito a Tonino. Picciò, in questa società, chiddi como a mia vanno in onda soltanto a due giorni dal voto, poi si cambia canale, poi si va in onda alle prossime elezioni.
Picciò, noi chiedevamo più vita e chissi ci diedero u teatro: “Nico a Tricase”, “La puglia perfetta. Spot elettorale per l’elezione del compagno Nico”, “Nico. Apologia del presidente Nico”. Picciò, che Nico ad Altamura s’aprì il cinema. Sissignore, che il sogno di Nico era quello di diventare direttore della nostra società spettacolare. Picciò, quella in cui noi non ci siamo, quella in cui i viaggiatori da vettura di seconda classe Milano Scianatigrad vanno in onda soltanto due minuti prima delle elezioni. Poi, basta! Il resto è cinema, il resto è finzione. Ca a fiction sostituì a realtà e ci sparò in fronte a noialtri fetusi.
Picciò, se non l’avete capito, la società du spettacolo è chiù forte di Totò Riina, è chiù forte di Bernardo Provenzano, ca a società du spettacolo se ne fece un baffo di Binnu u Tratturi. La società du spettacolo ci ammazzò tutti, ca ci facia tutti acchiù chic, acchiù cinematografici, acchiù finti. Cu Parroco Veltroni, u nostru post-fordista, u nostro filo hollywoodiano, u sindaco da nostra città post-post-post-realista ci facia u Superfestival supercinematografico a Roma. Ca a nostra capitale, a capitale du cinema doveva diventare. Appunto, picciò, ca in da società du spettacolo, la città reale non c’è più. I nostri problemi sono tutti risolti. Stiamo tutti meglio. Mangiamo tutti la lattughina naturale, il pomodorino biologico, portiamo tutti la foglia di figo. Siamo tutti più belli. Picciò, ind’a società du spettacolo ci abbiamo tutti la Porsche, l’Audi 100, la nuova 500, la casa cu giardino, ca macina du Mulino Bianco e l’acqua che arriva dal ruscello. Viviamo tutti in un mondo migliore, senza disserbanti, senza stirene, senza auto inquinanti. Siamo tutti lavoratori Coop. Che la Coop pensa a te e a me! Nello spot, picciò. Prima che cominci il film. Ca inda società du spettacolo i lavoratori in nero non ci sono, chiddi du vagone notturno Milano Scianatigrad nemmeno a parlarne. Picciò, se non l’avete capito, noi, in questa società non esistiamo più. Tutti morti siamo! E non se ne accorse nessuno, ché pensavamo di stare al Bagaglino e che la potevamo leccare, l’Aida. Picciò, ma io voglio vivere. Io la vita voglio leccare. Io chissa società du spettacolo non me la posso permettere. Io sono Tonino u muratore, chiddu da società reale. Io la pellicola del compagno Nico non la posso più finanziare. Che Nico altri 200 milioni di buco al sistema sanitario regionale ci fece. Che, dopo il buco dell’anno scorso, quest’anno ne ha fatto un altro. Che a qualcuno ci piace, ma a mia pe’ niente. Io il biglietto del film “La banda del buco” non lo posso più pagare. Che a Nico, nel 2007, dal Ministero del Tesoro, per la nostra sanità regionale, ci arrivarono 400 milioni di euro. In più! In più erano! Che, anzichè sanare il buco, Nico ne fece un altro. Sissignore! E sapete che disse il compagno Nico alla fine del film? Ci disse che non si dava pace, che non si capacitava che la nostra regione, a causa dell’evasione fiscale, si trovava con le casse vuote. Picciò, ma il compagno Nico non ci promise il taglio delle tasse ai nostri elettori? Chiddu che scattava in tempo in tempo per le votazioni presidenziali?
Picciò, ma Nico non si capacitava ancora, che forse stava tutto intronato dal film. Uè, Nico, che qui il tempo è scaduto. Qui cu Nico Defoe, Nico John Wayne, Nico George Clooney abbiamo chiuso. Qui la tessera cinematografica della Coop ve la diamo indietro. Qui ci vogliono quelli veri, che, a noi del mondo reale, ci diano risposte reali. Noi vogliamo il lavoro! Vogliamo i cantieri aperti! Vogliamo la protezione dei nostri salari! Noi vogliamo uguaglianza e opportunità per tutti! Hai capito, Nico? Uè, Beautiful, che il film è finito!

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